giovedì 6 giugno 2013

L’euro e la cambiale a babbo morto della politica


Euro_tedesco
“Ahi serva Italia di dolore ostello /Nave sanza nocchiere in gran tempesta”. Dante la sapeva lunga sul Paese dove il si suona, conosceva fin da allora la natura delle sue classi dirigenti, così incapaci di opporsi alle pretese dei forti da trovare la sola autonomia possibile nel gioco di ambiguità e tradimenti tra i vasi di ferro, ma anche decise ad esercitare potere, iniquità e arroganza con i deboli, il che significa con il popolo, ovvero con i sudditi.

Non c’è nemmeno bisogno di pensare al medioevo, ne abbiamo un esempio proprio in questi giorni; una consociazione politica ferreamente determinata a rafforzare le fondamenta della propria salvezza attraverso un pasticcio costituzionale di carattere essenzialmente autoritario, si divide però e in modo bizzarramente invertito sull’euro e l’austerità. Berlusconi tuona contro la moneta unica alla cui sopravvivenza dobbiamo i massacri sociali degli ultimi anni, mentre la parte che una volta millantava l’etichetta progressista sembra essere del tutto prona di fronte al verbo di Bruxelles – Berlino e all’intrinseca vocazione reazionaria dell’euro che ormai non è un mistero per nessuno e peraltro ampiamente ammessa da fior di economisti nobelati .
Il Cavaliere non fa sortite a caso tanto per confondere le acque e impedire che si veda  in trasparenza il fondo melmoso e marcescente della sua politica: ormai le strategie di austerità sono contestate ad ogni livello, le tesi su cui si fonda sono state confutate, in qualche caso ridicolizzate e smascherate da uno studentello di economia che si è preso la briga di andare a controllare i dati. Lo stesso Fmi, dopo l’autodafè di fine 2012 del suo capo economista, è stato beccato proprio ieri a fare un mea culpa sulle assurde politiche imposte alla Grecia, sottintendendo che il ragionamento si applica anche agli altri Paesi a cui è stato servito il piatto avvelenato. Una tesi contenuta in documenti riservati, ma saltati fuori a tradimento suscitando la scomposta e risibile reazione della commissione Ue per voce di quel diversamente intellettuale che è Ollie Rehn: in ogni caso l’incoerenza tra ciò che si pensa e ciò che si fa a danno di un’intera nazione è di per sé una rivelazione sul travestitismo del pensiero unico che si finge economico ed è invece essenzialmente politico. Ma è chiaro che l’austerità è solo l’altra faccia della moneta unica, la cui natura intrinseca,  rende possibile solo la riduzione dei bilanci  e nega le risorse per la crescita o, nel caso italiano anche per il welfare, persino per la dignità.
Berlusconi non parla nel deserto: paradossalmente raccoglie i frutti più evidenti di un profondo ripensamento delle teorie economiche dominanti, di un ritorno a Keynes che il cosiddetto centro sinistra si rifiuta persino di vedere in nome di un europeismo ormai solo feticistico e subalterno il quale nella sua cecità rischia davvero di portare le tensioni del’Ue al punto di rottura. E si prostra di fronte all’ex  faccendiere  Mario Draghi che, nell’annunciare l’ormai rituale revisione al peggio delle previsioni economiche, continua a difendere l’indifendibile, quell’austerità “inevitabile” perché  “non può esserci crescita con una creazione infinita di debito“. Una frase priva di qualsiasi significato logico o dialettico, anzi, francamente cretina, ma il cui senso va ritrovato nel servilismo da funzionario, nell’essere semplicemente l’ “etnuncezzemper” delle antiche beghine.
Dunque abbiamo l’amerikano Berlusconi che vorrebbe liberarsi del principale fattore di regressione sociale, mentre il Pd  berlinocentrico è ancora in adorazione dell’euro e delle stangate che esso comporta sui ceti popolari, sull’inevitabile declino sociale e civile del Paese. Si dividono dadaisticamente sulla adesione ai potenti d’oltralpe o d’oltreoceano, ma all’interno sono ben decisi a rimanere al comando in ogni caso, cercando di tenere lontani i cittadini dalle scelte e dalla cosa pubblica, non più de facto, ma de lege. Per comandare senza governare. E apprestandosi per ogni evenienza ad attuare il falò delle tutele, dei diritti, del welfare. Pensano di firmare una cambiale a babbo morto e invece lo fanno a Paese morto.


Fonte: http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2013/06/07/leuro-e-la-cambiale-a-babbo-morto-della-politica/
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